sabato 26 settembre 2015

C'era una volta: "Lo cunto di li cunti..."

Come promesso, ecco il secondo dei due percorsi didattici, sempre da me elaborati e pubblicati da Indire in ScuolaValore, Risorse per docenti, nella sezione DIALETTI E ALTRI IDIOMI D'ITALIA relativi all'area Lingua, letteratura e cultura in una dimensione europea - italiano.
Segnalo che le sezioni sono ricche di spunti e percorsi, non solo per l'Italiano, e si configurano come un ampio network di risorse digitali per docenti e studenti. "Buon lavoro!"

di Monica Sanfilippo

INTRODUZIONE
La risorsa sceglie la fiaba come strumento educativo nella prospettiva di un confronto tra la narrazione fantastica odierna, veicolata dal linguaggio cinematografico (come le trasposizioni filmiche di Walt Disney), e la scoperta della fonte narrativa quale espressione di un sostrato popolare europeo che, nella tradizione napoletana, ha il suo più noto rappresentante in Giambattista Basile e ne Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de’ peccerille (1634-1636), più noto come Pentamerone (1674).

Le fiabe di Basile – La Gatta CennerentolaCagliusoPetrosinella, solo per citarne alcune – rappresentano un importante nucleo tematico che ritorna in raccolte successive e note della letteratura popolare europea, come I racconti di mia mamma l’Oca di Charles Perrault o le fiabe dei fratelli Grimm, che grande ruolo hanno avuto nel nutrire l’immaginario infantile. Gian Alessio Abbattutis, “maschera anagrammatica” di Basile, con cui firma le sue opere in dialetto, opera una scelta linguistica consapevole: sottrae la lingua napoletana al dominio esclusivo dell’oralità e fa de Lo cunto un importante esempio di letteratura riflessa.



A partire da queste osservazioni attorno al Pentamerone, la risorsa promuove la conoscenza del patrimonio dialettale della storia letteraria e si pone come obiettivo quello di far conoscere la varietà e la ricchezza idiomatica presente sul territorio (v. quanto riportato nelle Indicazioni nazionali) per superare eventuali condizionamenti pregiudiziali di inferiorità della lingua dialettale (v. Materiale di studio “Dialetti e altri idiomi d’Italia“, par. Pregiudizi sul dialetto). Utilizzando, inoltre, lo straordinario potere di trasformazione della tipologia fiabesca – come ha ben insegnato la “fantastica” di Gianni Rodari – l’attività costruisce un ambiente di apprendimento in veste ludica e laboratoriale che salvaguarda “la naturale disposizione dell’alunno al gioco e all’invenzione” (dalle Indicazioni nazionali).

Per lo sviluppo delle attività, basta cliccare sull'immagine che segue, collegarsi al sito di INDIRE e scegliere la versione multimediale o testuale.



 C'era una volta di Monica Sanfilippo


Lavoriamo con i "dialetti". Due proposte didattiche da INDIRE

Di seguito presento due percorsi didattici, da me elaborati e pubblicati da Indire in ScuolaValore, Risorse per docenti, nella sezione DIALETTI E ALTRI IDIOMI D'ITALIA  relativa all'area Lingua, letteratura e cultura in una dimensione europea - italiano.
Le sezioni sono ricche di spunti e percorsi e si configurano come un ampio network di risorse digitali per docenti e studenti. "Approfittiamone!"


di Monica Sanfilippo

INTRODUZIONE
La Calabria, quale estrema punta d’Italia, è stata terra d’approdo per dominatori, viaggiatori e popoli migranti. In questa prospettiva, la regione ben risponde a quanto già evidenziato per l’intera penisola, ossia “spazio” privilegiato di commistione etno-linguistica al centro del Mediterraneo (v. Materiale di studio “Storia della lingua italiana”). Seguendo la classificazione dei dialetti italiani (v. Materiale di studio “Dialetti e altri idiomi d’Italia”) è possibile notare l’appartenenza della regione a due aree geolinguistiche, una dei dialetti centro-meridionali, l’altra dei dialetti estremi. Perché, per esempio, per indicare la “mela” si usa “milu” nella Calabria settentrionale e “pumu” nella Calabria meridionale? oppure per “goccia”, “gutta” e “stizza”, e così via? Gli esempi potrebbero continuare. Inoltre, a conferma della varietà linguistica della regione, si riscontra la presenza di minoranze linguistiche: arbëreshë, occitani e grecanici. 



A partire da queste constatazioni, e in riferimento agli studi di Gerhard Rohlfs – “Nuovo dizionario dialettale della Calabria”, “Scavi linguistici nella Magna Grecia”, ecc. – la risorsa intende lavorare sul lessico, la sintassi e l’origine della diversificazione dell’idioma calabrese (greca, latina, araba, francese, spagnola) utilizzando altresì la lingua come strumento di espressione storico-culturale. Per favorire lo sviluppo del percorso sono previste le seguenti attività:

1. indagine etimologica;
2. ricerca “sul campo” (piccoli esploratori) e “a tavolino” (analisi);
3. mappatura geografica di classi di parole legate al ciclo dell’anno (feste) e ai giochi;
4. schedatura, conservazione e presentazione dei dati.


Per lo sviluppo delle attività, basta cliccare sull'immagine, collegarsi al sito e scegliere la versione multimediale o testuale.

 Il tempo della parola - Monica Sanfilippo




Il secondo percorso è incentrato sulla fiaba come strumento educativo nella prospettiva di un confronto tra la narrazione fantastica odierna, veicolata dal linguaggio cinematografico  e la scoperta della fonte narrativa quale espressione di un sostrato popolare europeo che, nella tradizione napoletana, ha il suo più noto rappresentante in Giambattista Basile e ne Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de’ peccerille (1634-1636), più noto come Pentamerone (1674).
Ma per questo percorso propongo un altro post "C'era una volta: Lo cunto di li cunti..."

venerdì 18 settembre 2015

La professoressa dimenticata

"La morte da sola non puzza così tanto. Ma due anni di indifferenza complice hanno trasformato  il forte e normale cattivo odore di un povero cadavere nell'intollerabile tanfo di putrefazione di un'intera comunità: carne guasta e anime marce. Al punto che persino un vecchio cronista di stomaco forte in quel pianerottolo- obitorio si è sentito rivoltare le budella. Eppure a Roma non ti aspetti "il condominio" alla Ballard che convive con la morta per due anni e la sigilla, non per nasconderla ma per non "sentirla" più, per proteggere con il nastro adesivo da imballaggio la propria indifferenza. Insomma, alle finestre sempre aperte di Roma, ai tetti dipinti dal Mafai, tra gerani, basilico e stornelli, non si addice la morte di Maria Carmela Privitera, chiusa e oltraggiata dai vicini, con il fornello che è rimasto acceso per quasi due anni, accanto a due poveri sofficini che non hanno avuto bisogno dell'acqua bollente per scongelarsi e imputridire anch'essi."

da La Repubblica - Cronaca, 18.09.2015  

domenica 13 settembre 2015